L'intelligenza artificiale e noi: una conversazione con Andrea Virgilio

Quando l'innovazione incontra l'umanità

Lunedì mattina, mentre preparo il workshop sull'intelligenza artificiale in cui affiancherò Andrea Virgilio all'evento Edix per imprenditori del settore edile (organizzato dai sempre fantastici amici di quid), mi fermo a riflettere su una sensazione che avverto spesso nei miei clienti: quella miscela di curiosità e timore che accompagna ogni vera innovazione. Andrea è CEO e Chief Happiness Officer di Beliven, una software factory udinese che è cresciuta da zero a oltre 30 persone mantenendo al centro le persone. Quando ho letto la sua storia - come ha costruito un'organizzazione che coniuga innovazione tecnologica e benessere umano - ho capito di aver trovato qualcuno che naviga l'innovazione tecnologica senza perdere la bussola umana. Ed è proprio di questo che ho voluto parlare con lui: come si fa a introdurre l'intelligenza artificiale in un'organizzazione senza tradire i valori che la rendono speciale?

Andrea Virgilio

La conversazione

Jack: Come fate a introdurre nuove tecnologie come l'AI mantenendo lo spirito umano che vi contraddistingue?

Andrea: Per noi di Beliven, l'AI non sostituisce l'elemento umano, lo amplifica. Il nostro approccio si basa su tre pilastri:

  1. Prima le persone, poi la tecnologia: Ogni progetto AI parte dall'ascolto delle esigenze reali delle persone che lo useranno. Come abbiamo fatto con il progetto di 2BHappy, dove il chatbot non sostituisce il formatore ma rende la formazione più accessibile e personalizzata.
  2. Co-creazione continua: Coinvolgiamo sempre il cliente e gli utenti finali nel processo. L'AI diventa uno strumento nelle mani delle persone, non un'entità autonoma. È il nostro modo di essere 'Happy Coders' - la tecnologia deve portare soddisfazione, non frustrazione.
  3. Trasparenza e comprensibilità: Spieghiamo sempre come funziona l'AI che implementiamo. Se le persone capiscono lo strumento, lo usano meglio e con più fiducia. È parte del nostro DNA di software factory: costruiamo soluzioni che le persone vogliono davvero usare.

Jack: Quali sono le resistenze più difficili da gestire quando porti innovazione in un'azienda? Come capisci quando vale la pena insistere e quando invece è meglio fermarsi ad ascoltare?

Andrea: Le resistenze più difficili sono quelle legate alla paura - paura di perdere il controllo, di essere sostituiti, o semplicemente di non essere all'altezza del cambiamento.

La nostra strategia per rispondere a queste paure:

  • Ascoltiamo prima di proporre: Come nel caso di NP Industries, abbiamo creato un Business Intelligence tool partendo dalle loro reali esigenze operative, non da quello che pensavamo servisse.
  • Proof of concept graduali: Partiamo sempre con progetti pilota che dimostrano valore concreto in tempi brevi - come alcuni clienti hanno riportato, 'in meno di un mese eravamo operativi'.
  • Il segnale per fermarsi: Quando la resistenza vie--ne da una reale incompatibilità con i processi core dell'azienda o quando manca l'allineamento con la cultura aziendale. In questi casi, rallentiamo e co-progettiamo un percorso più graduale.
  • La regola d'oro: Se dopo aver mostrato risultati concreti la resistenza persiste, è il momento di ascoltare più profondamente. Spesso c'è un problema non detto che va affrontato prima della tecnologia.

Jack: Tra due anni, come pensi sarà un'azienda che usa bene l'intelligenza artificiale? Cosa deve fare oggi un imprenditore per arrivarci preparato?

Andrea: Un'azienda che nel 2027 userà bene l'AI sarà caratterizzata da:

  • Integrazione naturale: L'AI sarà invisibile ma presente ovunque - nei processi decisionali, nel customer service, nell'ottimizzazione delle operations. Come già facciamo con i nostri chatbot e sistemi di automazione, sarà parte del flusso di lavoro quotidiano.
  • Team ibridi: Persone e AI lavoreranno insieme in modo complementare. L'AI gestirà i task ripetitivi e l'analisi dei big data, liberando le persone per attività creative e strategiche.
  • Flussi di lavoro asincroni: Team distribuiti (come il nostro tra Udine, Milano e Pisa) potranno collaborare senza vincoli di fuso orario. L'AI farà da ponte, traducendo, riassumendo e prioritizzando le comunicazioni.
  • Riduzione del 'meeting overload': Molte riunioni diventeranno thread asincroni gestiti da AI che sintetizza i contributi e identifica quando è davvero necessario un confronto sincrono.
  • Knowledge base vivente: Ogni interazione aziendale alimenterà una base di conoscenza consultabile, dove l'AI aiuta a trovare risposte senza dover sempre 'disturbare il collega' se non per ragionamenti che portano reale valore.

Cosa fare oggi:

  • Partire dalla cultura: Investire nella formazione del team, non solo tecnica ma soprattutto culturale. Come diciamo noi, 'un team felice e preparato affronta qualsiasi sfida'.
  • Sperimentare su piccola scala: Identificare un processo aziendale specifico e testare l'AI lì. Misurare, imparare, scalare.
  • Scegliere partner, non fornitori: Collaborare con realtà che non vendono solo tecnologia ma accompagnano nel percorso di trasformazione.
  • Investire nei dati: Oggi è il momento di organizzare e pulire i propri dati aziendali. Senza dati di qualità, anche la migliore AI è inutile.

Il consiglio finale: Non inseguire l'AI perché 'tutti lo fanno', ma perché risolve problemi reali della vostra azienda. È questo l'approccio che ci ha permesso di realizzare progetti di successo mantenendo sempre al centro le persone.

Quello che mi porto via

Parlando con Andrea, mi sono reso conto di quanto sia prezioso il suo approccio "prima le persone, poi la tecnologia". Non è solo un mantra, è una metodologia concreta che risolve uno dei dilemmi più grandi che vedo nelle organizzazioni: come innovare senza perdere l'anima.

La sua "regola d'oro" sulla resistenza al cambiamento è diventata immediatamente parte del mio toolkit: se dopo aver mostrato risultati concreti la resistenza persiste, è il momento di ascoltare più profondamente. C'è sempre un problema non detto che va affrontato prima della tecnologia.

Quello che più mi ha colpito è la sua visione del 2027: un'AI "invisibile ma presente ovunque". Non fantascienza, ma integrazione naturale. È esattamente il tipo di trasformazione che riesco a immaginare per le aziende con cui lavoro: cambiamento profondo che non spaventa perché è arrivato un passo alla volta.

Le tre lezioni per navigare l'AI

Dalla conversazione con Andrea emergono tre principi che ogni leader può applicare:

1. Amplificare, non sostituire

L'intelligenza artificiale funziona meglio quando amplifica le capacità umane esistenti invece di cercare di sostituirle. Il chatbot di 2BHappy non ha eliminato i formatori, li ha resi più efficaci nel raggiungere più persone. Domanda pratica: Quali attività ripetitive nel tuo team potrebbero essere automatizzate per liberare tempo per lavoro più creativo e strategico?

2. Ascoltare le resistenze come informazioni

Le paure legate all'AI spesso nascondono problemi organizzativi più profondi. Invece di combattere le resistenze, Andrea le usa come diagnosi per capire cosa va sistemato prima di introdurre la tecnologia. Domanda pratica: Quali sono le vere preoccupazioni del tuo team riguardo all'AI? Cosa rivelano sui processi e sulla cultura attuali?

3. Iniziare piccolo, pensare grande

La strategia dei "proof of concept graduali" permette di dimostrare valore concreto riducendo i rischi. Come dice Andrea: "in meno di un mese eravamo operativi" - velocità che rassicura e crea momentum. Domanda pratica: Qual è il processo più piccolo e meno rischioso su cui potresti testare l'AI per dimostrare valore immediato?

Oltre la tecnologia: costruire fiducia

Quello che rende speciale l'approccio di Beliven non è la tecnologia in sé, ma come viene introdotta. La trasparenza ("spieghiamo sempre come funziona l'AI"), la co-creazione ("coinvolgiamo sempre il cliente e gli utenti finali") e l'attenzione alla soddisfazione delle persone creano un terreno fertile per l'innovazione. In un'epoca in cui l'intelligenza artificiale sembra avanzare a una velocità che disorienta, avere modelli come quello di Andrea ci ricorda che il cambiamento tecnologico più profondo e duraturo è quello che mette le persone al centro, non ai margini.

Una domanda per te

E tu, come stai navigando l'introduzione dell'AI nella tua organizzazione? Cosa ti preoccupa di più: la tecnologia in sé o l'impatto sulle persone del tuo team?

Questo articolo fa parte della serie "La conversazione" della newsletter "Fogli dalla mia stanza". Se vuoi ricevere storie e strumenti per navigare il cambiamento nelle organizzazioni,

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